lunes, 31 de octubre de 2016

Le tracce occitane in Italia




(a cura di D. Morelli e T. Senesi)

Esiste un sottile filo che lega Spagna, Francia e Italia da oltre un millenni: la lingua occitana.

In Italia sono occitane 14 valli e 120 comuni delle province di Cuneo, Torino e Imperia con i suoi 180.000 abitanti, di cui la metà è ancora occitanofona.

In Piemonte, da sud verso nord, la piccola Occitania d’Italia si estende sul territorio cuneese dall’Alta Val Tanaro, Corsaglia e Maudagna alle valli Ellero, Pesio, Vermenagna, Gesso, Stura, Grana, Maira, Varaita e Po con le laterali Bronda e Infernotto. Proseguendo in territorio torinese, si aprono le valli Pellice, Chisone, Germanasca e la Valle di Oulx, con cui si indica l’alta Val Susa.

Appartengono alla provincia ligure Olivetta San Michele e le frazioni Realdo e Verdeggia del comune di Triora. La Valle Maira ha conservato, anche grazie all’isolamento di alcuni suoi insediamenti, peculiarità tipiche nella pronuncia e nel lessico, chene fanno un esempio di varietà occitana alpinaancor oggi ben conservata. Qui l’occitano, detto “nòstra mòda” `la lingua di famiglia che però ben si differenzia nella pronuncia da un paese all’altro, e in taluni casi di una borgata all’altra di un medesimo comune.

In Piemonte l’occitano, o provenzale alpino, è oggi conosciuto dal 49,4% della popolazione delle valli (Rapporto IRES n.113, 2007).

Anche in Calabria abbiamo un’isola occitana rappresentata dal comune di Guardia Piemontese nel Cosentino, dove la parlata è frutto di un antico insediamento di valdesi ivi trasferitisi tra XIII e XIV secolo, in seguito alle persecuzioni di Bobbio Pellice (Torino).

L’occitano è una lingua indoeuropea, appartenente al gruppo occidentale delle lingue neolatine, formatasi dalle parlate iberiche e celto-liguri, latinizzate dalla successiva conquista romana. È conosciuta anche come lingua d’oc o provenzale.
Già Dante Alighieri nel XIV secolo la classificò come “lingua d’oc” prendendo come riferimento la particella “òc” (dal latino hoc est: è questo, è così) che indicava l’affermazione, il francese la derivava invece da illud est (quello è) e l’italiani da sic est (così è).

Per designare l’insieme delle regioni nelle quali si parlava la lingua d’oc, venne coniato il termine Occitania (apparso per la prima volta nel 1290), dove la radice oc era modellata sul parlare dell’Aquitania; il nome cadde in disuso e ricomparve successivamente all’inizio del XIX secolo. Diviene termine d’uso comune nel XX secolo in Francia e alla fine degli anni ’60 in Italia con la prima presa di coscienza dell’appartenenza linguistica che porta a denominare Valli Occitane il territorio interessato.

Le comunità occitane sono rappresentate dalla cosidetta croce “occitana”, risalente al regno di Raimondo V, derivata dello sistema gentilizio dei conti di Tolosa “de geues à la croix vidée, clechée” (o croce patente e pomata d’oro). Sono state fatte diverse interpretazioni di questa croce, di cui molte insistono sull’aspetto “simbolico” del motivo. Secondo R. Camboulives (1980) le dodici piccole sfere potrebbero rappresentare le dodici case del zodiaco. La bandiera è utilizzata per rappresentare la lingua e la cultura occitana, o più generalmente come emblema regionale. La croce di Tolosa è a volte accompagnata da una stella a sette punte, che rappresenta le regioni storiche dell’Occitania secondo il Félibrige. Il motivo di questa croce è utilizzato da alcune comunità territoriali, dall’antica contea di Tolosa, e lo si ritrova anche sulla segnaletica stradale.

Nelle Valli Occitane italiane numerosi comuni organizzano una cerimonia al momento della posa della bandiera occitana sugli edifici pubblici. Un testo spiega i motivi della cerimonia viene letto in occitano e in italiano, poi la bandiera viene alzata al suono di “Se Chanto”, una canzone popolare delle valli occitane del Piemonte che è ormai considerata l’inno occitano e che, con il simbolo della croce occitana e il suono della lingua compone i tratti più caratterizzanti dell’area della lingua d’oc, Questa cerimonia si è svolta per la prima volta in Francia, nel villaggio di Baratier, il 19 novembre 2006.

Le valli occitane (in occitano valadas occitanas) sono una serie di vallate piamontesi dove ci sono parlate autoctone di ceppo provenzale alpino, ascritte dunque al gruppo linguistico occitano. Secondo i linguisti esse si trovano nella città metropolitana di Torino e nella provincia di Cuneo.

La descrizione di tali valli è duplice: quella risultata dalla legge 482 del 1999 è basata sulle auto-dichiarazioni dei consigli comunali, mentre dalle fonti scientifiche emerge un quadro ben diverso frutto di ricerche linguistiche sul campo dall’Ottocento al Novecento. Secondo le statistiche dell’IRES Piemonte, l’occitano vivaro-alpino o provenzale alpino è oggi conosciuto dal 49,4% della popolazione delle valli, così come definite dalla legge 482/99. Tale numero è risultato da un sondaggio telefonico in lingua italiana, quindi non è stato misurato l’effettivo livello di competenza linguistica provenzale. Tutti i valligiani conoscono comunque l’italiano e, secondo lo stesso sondaggio, il 65,1% di essi parla anche il piemontese.

I confini linguistici definiti dagli studi precedenti alla legislazione erano di gran lunga meno generosi nell’assegnazione all’occitano delle vallate piemontesi, laddove riconoscevano tratti occitani solo nelle alte valli e non ne riconoscevano affatto nei centri più popolosi adiacenti alla pianura, né tantomeno in Provincia di Imperia. Questi studi scientifici segnalavano inoltre come in alcune località il patois fosse estremamente debilitato, a causa del declino delle comunità di alta montagna che lo tenevano vivo.

La legge prevedeva che venissero incluse nel programma di tutela quelle circoscrizioni amministrative in cui la minoranza fosse stanziata storicamente (escludendo quindi le minoranze linguistiche originate da movimenti migratori recenti). L’individuazione del territorio era deliberata dai consigli provinciali, sentiti i comuni interessati, su richiesta di almeno il 15% degli iscritti alle liste elettorali del comune o di un terzo dei consiglieri comunali o ancora, con un pronunciamento favorevole della popolazione residente nel comune, consultata mediante referendum. Si dovevano quindi unire due elementi nel riconoscimento: il radicamento storico della lingua minoritaria nel territorio e la volontà da parte della popolazione locale o dei suoi rappresentanti.

Di fatto per le valli occitane, così come sono risultate, sono stati i consigli comunali a deliberare la richiesta di riconoscimento e i consigli provinciali hanno accolto tutte le richieste. Si noti che la popolazione residente nei comuni denominati occitani, così come tutti quelli citati nella legge 482/99, non conosce necessariamente, né è tenuta ad apprendere la lingua minoritaria. Con l’approvazione della legge, è emerso subito, in particular modo tra i linguisti, una grossa contraddizione: dagli anni 70 del secolo scorso era stata condotta una capillare ricerca linguistica per individuare le aree in cui erano note e utilizzate le diverse parlate locali del Piemonte. Molti comuni che sono stati riconosciuti come appartenenti a una minoranza linguistica in seguito alla legge del 1999 non risultavano tra quelli in cui tale lingua era utilizzata dalla popolazione alcuni decenni prima, quando, si presume, le parlate locali dovevano risultare più diffuse. Il problema non riguarda solo le amfizone o “zone grigie” dove anche storicamente sipotevano trovare frazioni di uno stesso comune in cui si usavano parlate diverse, ma anche comuni palesamente ed unicamente piemontofoni. In una prospettiva politologica, molti comuni hanno chiesto il riconoscimento della minoranza, pur in assenza del radicamento storico della lingua minoritaria, perché siccome la legge non impone di conoscere ed utilizzare la lingua a coloro che non lo desiderano, è prevalso negli amministratori locali il desiderio di vedersi riconosciuta una qualche specificità, lasciando intravedere l’appartenenza a una “nazione virtuale”, oltre che ovviamente per poter accedere ai finanziamenti promessi dalla legge di tutela.

L’opinione degli studi precedenti è stata dichiarata “superata” da occitanisti. Un numero di linguisti tra cui Werner Forner, Fiorenzo Toso e Tullio Telmon considerano del tutto arbitraria la denominazione di varietà occitane in riferimento alle parlate di alcune località montane prossime al Monte Saccarello (comune di Briga Alta e Ormea in provincia di Cuneo e comuni di Triora e Olivetta San Michele in provincia di Imperia). Controparti del dibattito sono stati Franco Bronzat, occitanista, oltre che l’associazione culturale occitanista brigasca A Vastera, che sostengono con forza l’appartenenza culturale alle comunità alpine occitane, anche a prescindere dalle isoglosse linguistiche.



Documentario sull'occitano parlato nello stato italiano (le Vallate occitane)


Il gardiòl: un’isola linguistica occitana nel sud d’Italia



Documentario sulla Settimana Occitana alla Guardia Piemontese, un'isola occitana in Calabria

Il guardiolo (in occitano gardiòl) costituisce l’unico esempio di lingua occitana nel meridione italiani ed è isolata rispetto all’area nativa che consiste sostanzialmente nella Francia meridionale. È la varietà dialettale occitana parlata nel borgo storico di Guardia Piemontese, comune della provincia di Cosenza e isola alloglotta. Fino agli anni cinquanta era possibile riscontrare tre tipi di guardiolo, corrispondenti a tre quartieri diversi del pur piccolo centro storico e giustificati dalle diverse vallate piemontesi da cui originavano le popolazioni delle diverse aree del paese.

Da una ricerca condotta sul campo da Agostino Formica nel 1999 e pubblicata nel saggio “Spettro di frequenze e varianti nel linguaggio di Guardia Piemontese d’oggi: sfaldamento, contaminazione o evoluzione?” (contenuto nel volume: AAVV, Guardia Piemontese le ragioni di una civiltà. Indagine sul mondo occitanico calabrese, Gnisci, Paola, 1999, pagg. 53-87) risulta che la “tenuta” della lingua occitana (guardiola o gardiòl) ancora oggi si mantiene su buoni standard di coerenza, in quanto emerge dal riscontro delle “risposte” degli abitanti di Guardia Piemontese (suddivisi per fasce generazionali) il dato significativo che la popolazione locale usa ancora la lingua di tradizione. La metodologia di approccio per questa indagine sul campo è stata la somministrazione del testo di un racconto popolare, inizialmente in lingua guardiola, proposto in italiano a un numero congruo e rappresentativo di abitanti di Guardia Piemontese, con preghiera di volgerlo simultaneamente in guardiolo (la registrazione ha fissato le “versioni”, poi studiate e confrontate, pure in relazione alle fasce d’età dei parlanti-intervistati).

Anche Pietro Monteleone, nel suo saggio “Per una identità di Guardia Piemontese tra dati demografici, riscontri, memoria e territorio” (contenuto sempre nel volume prima citato) dalle risposte del questionario (rigorosamente anonimo) proposto agli abitanti di Guardia Piemontese arriva alla conclusione che la popolazione locale, per i suoi due trezi, si esprime “sempre in casa e con gli amici” nella lingua di “tradizione” e che il guardiolo “costituisce ancora oggi lo strumento abituale di gran parte della popolazione del centro calabrese”.

Riassumendo, la lingua occitana è una lingua neolatina (langue d’oc) parlata nel sud della Francia, sui Pirenei (nella Val d’Aran, Spagna), in alcune vallate del Piemonte ed in Italia meridionale a Guardia Piemontese dove è “arrivata” in seguito a spostamenti di popolazioni provenienti dalle zone di origine (XIV secolo) determinati sia di motivi di ricerca di lavoro ma anche, in seguito, a causa di persecuzioni religiose subite in quanto di religione valdese. Nelle varie ricostruzioni dell’arrivo in Calabria degli “oltremontani” (così sono definiti generalmente, in quanto le popolazioni arrivano “da oltre i monti”, ovvero le Alpi, rispetto al primo territorio di stanziamento, le vallate del Piemonte) abbondano inesattezze storiche. Al 2007 secondo il linguista Fiorenzo Toso i parlanti gardiòl a Guardia Piemontese sono 340 su 1.860 abitanti, dato che la maggior parte degli abitanti si esprime in italiano o nella variante cosentina del dialetto calabrese.


C'è qui un'altra delle minoranze linguistiche in Italia. In Spagna c'è anche un'isolina occitana, la Val d'Aran in Catalogna. Conoscete un po' la lingua occitana? Conoscete la Val d'Aran? Sapevate che c'era anche l'occitano come lingua in minoranza in Italia?

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