domingo, 31 de julio de 2016

Cercasi pizzaiolo



Cercasi pizzaiolo

Il forno cerca un vero professionista

Italia vuol creare la figura del lavoratore qualificato al fine di tutelare la qualità del prodotto


Piergiorgio M. Sandri. Barcellona. Tradotto dalla Vanguardia (30 lug. 16)


    Cercasi pizzaiolo. Mica uno qualsiasi. Un vero professionista. Italia, culla della pizza, vuol creare una “laurea” ufficiale e un collegio che riconosca il lavoratore qualificato nel settore pizza. Una proposta di legge è stata presentata al Senato settimane fa ed è prevista la sua approvazione dopo l’estate.

    Chi voglia vantarsi di sapere cucinare l’autentica pizza italiana dovrà superare delle prove: dovrà anche superare delle pratiche di 18 mesi, dei esami teorici e delle lezioni di 120 ore che comprendono le nozioni di chimica, tecniche di laboratorio e di igiene, fino alla conoscenza specificata dell’inglese.

    L’iniziativa ha una motivazione sorprendente: la mancanza di pizzaioli di qualità. Si stima che nel paese ci sono più di 10.000 vacanti. La richiesta supera l’offerta. Anche se lo stipendio di un vero pizzaiolo può superare i 3.000 euro mensili. Ma buoni e veri pizzaioli ci sono ogni volta di meno e incluso in Italia (dove lavorano nel settore quasi 100.000 persone) c’è tanta scarsità che si deve andare all’estero a cercarli.

    Secondo i dati della Coldiretti, quattro di ogni dieci pizzaioli in Italia provengono dall’estero: in particolare dall’Egitto, dalla Tunisia e dal Morocco. In città come Milano, più della metà delle pizzerie non sono italiane.


    Non è per pattriottismo o per protezionismo: gli esperti in questo alimento si lamentano che la qualità della pizza, in un paese di riferimiento come l’Italia corre pericolo di cadere a picco se quelli che cucinano non hanno le conoscenze adatte. In effetti, molte delle pizzerie (infatti non solo in Italia, anche in Spagna) non manipolano bene la pizza, o non si servono degli ingredienti tradizionali: pomodori della Cina o mozzarella della Lituania, olio di oliva della Tunisia e il frumento del Canadà solo per citare i casi più appariscenti che denunciano le associazioni del settore. Queste fonti stimano che due di ogni tre pizze che si servono nei ristoranti non si adattano a questi requisiti.

    Enzo Prete, presidente  della Amar (Associazione Maestri d’Arte Ristoratori Pizzaioli) e uno dei promotori di questa proposta di legge, crede che la situazione è grave. “Gli italiani aspirano ad essere amministratori delle sue aziende e non vogliono più mettersi dietro il forno. Ci sono pochi aspiranti e ogni volta esiste più intrusismo professionale”.

    Ma la pizza, insomma, è una cosa seria: l’Associazione di Pizzaioli Napoletani ha incluso lanciato una campagna perché la pizza sia nominata come Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Pertanto la questione è di attualità: come deve essere l’autentica pizza italiana?

    All’attesa che il pizzaiolo ottenga una riconoscenza ufficiale che certifichi le sue abilità, come riconoscere se il piatto che è appena servito è stato cucinato d’accordo con i modelli gastronomici stabiliti? Walter Caputo e Luigina Pugno, due divulgatori scientifici, hanno appena publicato un libro che parla sul serio sulle chiavi per ottenere una buona pizza: Pizza al microscopio.

    Raccontano che durante le vacanze nell’Algarve, in Portogallo, hanno mangiato una pizza che “non era degna di avere questo nome: la base sembrava di legno, sulla quale hanno messo il formaggio e il ketchup”. L’esperienza gli ha marcato e si sono messi sul serio per scrivere un libro su questo argomento.

    L’autentica pizza dovrebbe essere cucinata in un forno di legna a forma di cupola, a una temperatura tra i 450 e i 600 gradi, in un tempo che deve oscillare tra i 60 e i 90 secondi, con gli ingredienti naturali: pomodori (meglio se si servono dei pomodori della varietà San Marzano), fresco o triturato – mai a base di concentrato –, mozzarella (di mucca o di buffala) e soprattutto una massa che, elaborata con l’acqua con la temperatura tra i 20 e i 35 gradi, abbia almeno due ore di riposo.

    “Abbiamo verificato che spesso non si rispetta questa pausa per guadagnare il tempo”, avvertono. Per Enzo Prete, è imprescindibile valutare l’uso degli ingredienti di chilometro zero ed evitare gli errori più comuni, come l’eccesso di lievito, che rappresenta una bomba a orologeria per la digestione, con la sensazione che il cibo finisca per gonfiarsi nello stomaco”.

    Un inciso: pur seguendosi i consigli, a casa, con il forno elettrico, è tutto più difficile, perché la temperatura è troppo bassa e l’assorzione dell’umidità è eccessiva, è si corre pericolo che la pizza abbia una struttura simile a quella di un biscotto. Caputo e Pugno consigliano di mettere sotto la pizza una pietra refrattaria e un recipiente con un po’ d’acqua, e così si migliora la cottura.

   D’una altra parte, le indagini degli autori, che analizzano i composti chimici degli ingredienti della pizza, sono arrivati alla conclusione che finisce con un altro dei miti sulla pizza: ingrassa?. “La pizza è un cibo completo perché ha le grasse dell’olio, le proteine del formaggio e gli idrati di carbonio della massa. È un alimento completo, e non si è bisogno di mangiare niente di più dopo averla mangiato, e neanche è necessario mangiarla ogni giorno”, dicono.

    Dunque la pizza nasce come piatto della classe popolare, nella seconda metà del secolo XIXessimo, nella provincia di Napoli. Davanti alla scarsità d’alternative, con la pizza ci si stava saziato senza spendere troppi soldi. Nell’attualità le cose hanno cambiato tantissimo perché alla pizza, che è troppo popolare fino a diventare un piatto universale, gli sono usciti nuovi “rivali”. Dal sushi, il kebab o l’hamburguer, oggigiorno il cliente ha tantissime opzioni per saziare la sua fame.

    Quindi, se alla fine i pizzaioli ottengono la loro riconoscenza per diffondere il mantra dell’autentica pizza italiana, forse otterranno qualcosa in più: mantenere il suo fascino come cibo versatile, sano e divertente. “È sinonimo di festa, di stare insieme. La pizza piace a tutti. Alla fine del pasto, tutti si sentiranno soddisfatti”, ricordano gli autori del libro. E se la pizza la cucina un pizzaiolo con il certificato ufficiale, probabilmente saprà incluso meglio.




Come riconoscere una buona pizza al forno di legna

(fonte: “La pizza al microscopio”, de Walter Caputo e Luigina Pugno. La Vanguardia 30 lug.’16)


1.       La dimensione è importante: la regola dice che, a stessa quantità di massa, se il diametro è superiore ai 32 centimetri, la massa sarà eccesivamente fine, sottile, e si corre pericolo di bruciarsi. Invece, se si serve una pizza più piccola, il suo eccessivo spessore farà che la pizza stia cruda.


2.       L’odore: l’autentica pizza deve fare odore a pane. Se non succede così, vuol dire che il forno non stà pulito, oppure che gli ingredienti usati non sono di qualità.


3.       Il taglio: è una delle principali prove. Se non si taglia bene è perché sta poco cotta. Se sta eccessivamente dura, è troppo cotta, e se al taglio si sente un scricchiolo, sta secca!


4.       L’orlo: devono avere delle macchie scure. Se non ce li hanno, vuol dire che la pizza è cruda, e se ci sono troppe, allora è bruciata. La pizza non deve stare nel forno più di due minuti.


5.       La base (guardare sotto!): deve avere una minima presenza di cenere (ma non di particole bruciate). Se la base è bruciata, vuol dire che il forno no si è preparato bene. Il forno ha bisogno di alcune ore di acceso prima per avere una temperatura di più di 400 gradi.


6.       Il condimento: la disposizione sulla pizza è importante: se i condimenti non si collocano di un modo uniforme, a parte il fatto che si difficolta il taglio, vuol dire che gli ingredienti non si sono manipolati di un modo corretto.


7.       Il formaggio: deve essere mozzarella fatta da latte di mucca o di buffala, ma è necessario scolarla prima della cottura. Altrimenti una “pozza” di latte apparsa sulla pizza farebbe che la pizza fosse un po’ “liquida”.




    Ci sono tantissime varietà di pizze che mi viene di fare questa domanda, per avere la vostra opinione: quale è la vostra varietà di pizza preferita? Come vi piace la pizza? E, quale è la vostra opinione su queste pizze fatte delle ditte che fanno cibo “fast food”? Considerate che è una buona pizza oppure fa schifo?

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