viernes, 29 de julio de 2016

IL LINGUAGGIO DEI GIOVANI



IL LINGUAGGIO DEI GIOVANI E L’ITALIANO (CHE CAMBIA): “LO SLANG AIUTA A DIVENTARE ADULTI”

Vera Gheno (Accademia della Crusca): “i neologismi nascono per un motivo semplice: perché servono”. 

Pubblicato il 28 aprile 2015, ADNkronos

   In principio era il verbo, poi arrivò scialla. Una lingua nasce, cambia, si rinnova. E lo fa anche (o soprattutto) grazie ai neologismi inventati dai giovani o portati nel linguaggio comune dai grandi cambiamenti, come quello innescato da Internet.

   Dopo la creazione, arriva la diffusione. Nel caso di scialla (che vuol dire stai tranquillo, rilassati ), probabilmente è stato grazie al film del 2011 di Francesco Bruni – tratto dall’omonimo romanzo di Giacomo Bendotti – che la parola ha raggiunto un gran numero di persone, molto al di là della cerchia dei più giovani.

   Ma perché nascono i neologismi? “Il motivo più semplice è: perché servono”. Non ha dubbi Vera Gheno, Twitter Manager e collaboratrice dell’Accademia della Crusca, che all’ADNkronos dice: “Abbiamo un nuovo significato, come dice il linguista svizzero Saussure, ovvero un concetto, una cosa, un oggetto, qualcosa insomma che prima non c’era e che quindi ha bisogno di un nome, ovvero, per dirla sempre alla Saussure, un significante”.

   “Si possono creare parole nuove per gioco – prosegue – per voglia di fare esperimenti con la lingua. Non a caso i linguaggi giovanili e i linguaggi telematici, particolarmente giocosi, sono terreno fertile per la creazione di neologismi”.

   Sono infatti loro, i ragazzi, che continuano ad usare la gran parte di espressioni in codice per capirsi senza troppe giri di parole. Così se due amici si dicono quella è una busta, i loro coetanei sanno che stanno parlando di una cozza o ciste, scaldabagno, lavatrice, scallapizzette. Ovvero, una ragazza non bella.

   Una vera e propria Slangopedia, come la chiama Maria Simonetti nel suo Dizionario dei gerghi giovanili, edito da Stampa Alternativa. Nel libro, sul versante delle parole mutuate dagli animali, ci sono tra le altre mi cangura (per indicare che una questione non mi riguarda ) e inscimmiarsi (per chi si concentra su una sola cosa e la ripete in modo ossessivo ).

   E, ancora, chiamare limone chi si circonda di cozze, rimastino chi alle feste non balla, rimastone l’over 40 che si veste e si comporta da giovane (ma il giovane dei suoi tempi), oppure sdraiona per una ragazza molto emancipata e dentiera per riferirsi alla prof o – in senso lato e un po’ perfido – agli anziani.

   A questi si accompagnano i più storici trescare (avere un flirt ), camomillarsi (calmarsi ), tranqua (tranquillo ), sbalconato (essere fuori di testa ), incicognarsi (restare incinta ) e citofonarsi (chiamare qualcuno per cognome ).

Tutte queste espressioni come si diffondono? “In generale – aggiunge Vera Gheno – un neologismo inizia a circolare se è utile, o se piace, oppure se viene usato da qualcuno che ammiriamo: oggi si potrebbe parlare di influencer, ovvero personaggi che in qualche modo sono in gradi di influenzare i gusti delle persone. Sicuramente, un neologismo può venire veicolato da un film, da un libro o da un social network, ma contano moltissimo le persone, in questo processo”.

   Dalle persone al web, il passo è breve. Non si può negare che anche Internet abbia cambiato il modo di comunicare, non solo nella realtà di quali modi vengono usati per parlare (applicazioni, chat, social network) ma anche nelle espressioni mutuate dal mondo dell’on line.

   Del resto, se dieci anni fa qualcuno avesse detto “mi whatsappi la foto che hai twittato così la posto su Facebook?”, molti – forse chi era over una certa età – avrebbero alzato un sopracciglio perplessi. Oggi probabilmente, no.

   Tanto che del linguaggio mutuato dal mondo dell’Information and Communication Technology e da quello dell’informatica fanno parte anche parole come bannare (bloccare l’accesso, escludere ), loggarsi (effettuare un acceso ), cliccare (parola onomatopeica per indicare di premere un pulsante ), crackare (aggirare le protezioni di un programma ), scrollare (scorrere la rotella del mouse per leggere una pagina sul web ) o zippare (comprimere file in una cartella per occupare meno spazio ).

   “Certamente – sottolinea Vera Gheno – i nuovi media hanno velocizzato la circolazione di notizie, parole, espressioni; basti pensare alla facilità con cui tutto oggi può diventare virale, o magari un meme: i vecchi tormentoni oggi si chiamano così”. Una sorta di contenuto intergenerazionale, compreso e condiviso sui social da figli e genitori allo stesso tempo.

   Esistono naturalmente differenze di linguaggio tra generazioni ma “anche all’interno della stessa generazione – afferma – possono cambiare letteralmente da gruppo a gruppo, da compagnia a compagnia e la nascita e morte di parole nuove è sempre stata velocissima, forse oggi ancora di più, semplicemente perché si può arrivare prima alla fase del tramonto, del non poterne più”.

   Veloce, ma anche utile? Ovvero, lo slang arrichisce la lingua? “I linguaggi giovanili – dice la Twitter Manager e collaboratrice dell’Accademia della Crusca – sono delle varietà particolari perché sono di transizione tra la fase dell’infanzia e la fase della maturità. Servono moltissimo per costruire il sé crescendo e tale autodefinizione deve per forza passare da una fase di rottura con le generazioni precedenti”.

   Quindi, afferma, “questi slang appariranno sempre strani e brutti ai vecchi ma normale che sia così. Poi si cresce e in teoria si abbandonano i giovanilismi, anche se questo non sempre avviene”. Crescendo, infatti, “si dovrebbe ridurre l’uso di stilemi del linguaggio giovanile”, anche se, ammette la Twitter Manager e collaboratrice dell’Accademia della Crusca, “la pervasività dei nuovi media ha allargato la forbice anagrafica” di chi li usa.

   Tanto che potremmi trovare un 40enne che sui social usa le stesse espressioni dei 20enni, entrando da fuoriquota in gruppi anagraficamente lontani da lui, considerando che “il linguaggio giovanile e quello dei nuovi media, spesso, si sovrappongono”.

   Inoltre, “nella comunicazione giovanile è implicita una funzione tribale”, afferma Vera Gheno, una sorta di “codice per riconocersi fra simili ed escludere gli altri dalla comunicazione del gruppo”, all’interno del quale “il lessico permette l’identificazione, anche attraverso epiteti o soprannomi a volte crudeli”. Ci si rende conto che certi nomignoli possono ferire la sensibilità delle persone? “Non sempre. La coscienza dell’offesa viene dallo sviluppo”.

   Offese a parte, però, lo slang rimane insomma una risorsa per l’autodefinizione e finisce per conquistare anche chi giovane non è più: “A volte – conclude Gheno – succede anche che elementi di questi linguaggi finiscano nel parlato di tutti i giorni. Con la loro velocità, i linguaggi giovanili rappresentano una formidable fucina di idee linguistiche, alcune assolutamente transitorie, altre destinate a rimanere”. 




“BELLA, REGA’!” – LEZIONI DI GERGO GIOVANILE
Robin d’Ilario. Pubblicato il 8 gennaio 2013, il Corriere Italiano
   Come i giovani di molti paesi del mondo, anche quelli italiani hanni dei propri gerghi che li distinguono dagli adulti. Senza addentrarci in un’analisi di come e perché si sviluppino questi particolari linguaggi, diciamo che l’uso di un gergo ha una funzione identitaria e di autoaffermazione per gli adolescenti, che hanno nella giovane età il tratto che li distingue da genitori, insegnanti, ecc. Lasciando da parte le analisi sociologiche, questi gerghi spesso bizzarri e bislacchi, per non dire pintoreschi, ci offrono lo spaccato della mentalità e delle abitudini giovanili. Non è un caso che la maggior parte di queste parole abbia a che fare con la scuola, con l’amore, il sesso, la droga, il divertimento. Dico gerghi al plurale, e non al singolare, perché è pressoché impossibile tracciare una mappa precisa e dettagliata del gergo usato dai giovani italiani: non ne esiste uno comune a tutta l’Italia, ma varia di regione in regione, addirittura di città in città. Il lessico, poi, subisce ricambi molto rapidi nel tempo, le parole usate da una generazione non sono più quelle dei ragazzi di dieci anni prima. Qui ci limitiamo a riportarne alcune, con particolare riferimento al gergo dei ragazzi di Roma.
Accannare: smettere, cessare, farla finita con qualcosa o qualcuno. Es.: Quella tipa s’accola, accannala!  Sto gioco mi ha stufato, rega’, accanniamolo.
Accollarsi: essere appiccicosi come la colla, essere molto insistenti e, spesso, non desiderati. Es.: Quanto si accolla quello. Esiste anche come sostantivo nella forma accollo. Es.: Quella tipa è un accollo!
Bella: non è un aggettivo, ma un saluto. Si può usare quando ci si incontra con un gruppo di amici, ad esempio: Bella, rega’, come va?. È un saluto molte amichevole e vivace, usato sia quando si incontra qualcuno, sia quando ci si congeda.
Devasto: devastazione, sfacelo, gran disordine. Il devasto può verificarsi dopo una festa molto movimentata in cui una casa è stata messa a soqquadro, suscitando l’inevitabile commento degli astanti: “Che devasto!”. In questo senso può avere un’accezione positiva, poiché se una festa viene definita un devasto vuol dire che è stata particolarmente vivace e sfrenata (esempio: “Non puoi capire che devasto a Capodanno!”). Chi ha partecipato a una serata devasto probabilmente si è devastato, cioè si è dato a festeggiamenti sfrenati che alla fine lasciano stremati.
Flashare/flesciare: attestato in due diverse forme grafiche, può avere il significato di vedere di sfuggita, credere di aver visto qualcosa o qualcuno, per un istante, rendendosi poi conto di essersi sbagliati. Esempio: “Per strada ho flashato Mario, ma non era lui”. Altrimenti può significare anche immaginare, credere una cosa che non si è affatto verificata, come nell’esempio: “Non ho mai detto così, hai flashato”.
Presa a bene: locuzione usata per designare qualcosa che mette di buon umore, che diverte, fa rilassare. “Quel film è proprio una presa a bene!”. Usato anche come verbo: “Questa canzone me l’ha fatta proprio prendere a bene”. Esiste anche l’esatto contrario, cioè la presa a male, con un significato molto vicino a quello di scesa (vedi oltre).
Rate: si dice che qualcosa fa rate quando fa schifo, è di pessima qualità, scarso. Es.: “Questa canzone fa rate”. Usate anche come generica esclamazione di disgusto: Che rate!”. È possibile anche una sua funzione aggettivale, ad esempio si può dire che se un telefonino è diffettoso è un telefonino rate. Difficile caprine l’etimologia, anche se è probabile che non derivi dal sostantivo rate, ma dal verbo radere.
Scesa: si dice di qualcosa che mette di cattivo umore, che fa passare l’allegria e l’entusiasmo. Se per esempio ci si reca ad una festa pensando che sarà molto movimentata e si rivela invece molto noiosa, si può dire che “è una scesa di festa”. Usato anche come esclamazione: “Che scesa!”.
Sclerare: impazzire, uscire fuori di senno, dare di matto. Probabilmente deriva dal termine medico “arteriosclerosi”, che indica una patologia per cui si subisce una progressiva perdita di senno e di lucidità. Es.: “Oggi la prof. si è arrabbiata di brutto e ha sclerato”.

Svarionare: deriva dal termine svarione, che indica un grave errore, spesso grossolano. Questo verbo significa dunque dire assurdità, dire cose che non stanno né in cielo né in terra. Es.: “Gianni era ubriaco e svarionava di brutto”.

Taglio (tajo): qualcosa o qualcuno di molto divertente, che fa ridere. Es.: “Quel film è un tajo” o “Quel tipo è un tajo!”. Possibile anche come esclamazione autonoma in qualsiasi situazione divertente: “Che tajo!”.

Scialla: facendo un piccolo torto all’ordine alfabetico, eccoci infine alla parola che dà il titolo a questa rubrica. È una delle espressioni più comuni del gergo giovanile, nata a Roma ma diffusasi anche in altre parti di Italia. Significa stai tranquillo, rilassati, non c’è problema, non ti preoccupare e così via, un po’ l’equivalente dell’inglese take it easy. È usata come esclamazione per comunicare agli altri serenità e rilassatezza, in contesti come: “Quando comincia il film? Scialla, c’è ancora tempo”. Si tratta di un’interiezione indeclinabile, ma esiste anche come aggettivo, e come tale può essere declinato in altri modi; si può dire ad esempio “una serata scialla” così come “un pomeriggio sciallo”, “un posto sciallo”, ecc., con il significato di tranquillo, rilassato, ok. Da questa parola sono derivate anche forme verbali come sciallarsela, stare scialli. Esempi: “Stasera me la sciallo a casa a vedere un film”; “Scialliamocela qui finché non decidiamo cosa fare”, ecc.

L’etimologia della parola è incerta. Secondo una teoria sarebbe un prestito dall’arabo “inshallah”, espressione che significa all’incirca “se Dio vuole”, e che indica dunque un atteggiamento di accetazione del destino, delle circonstanze, un affidarsi agli eventi senza angoscia, Non stupisce che una parola che esprime un concetto del genere abbia attecchito in particolar modo a Roma, dove ben si adtta all’atteggiamento tipico dei romani, spesso rilassato, scanzonato e disincantato. In più i giovani vi hanno aggiunto una loro tipica pigrizia e indolenza giovanili, quasi ad esprimere una filosofia di vita che esorta ad essere tranquilli, a non angustiarsi inutilmente, a prendere le cose con serenità.

Se l’argomento vi ha interessati e volete saperne di più, scialla, ci torneremo in una delle prossime rubriche.

Robin D’Ilario. E-mail:robin.dilario@hotmail.it



Tutte le lingue hanno un gergo speciale fatto dai giovani e per i giovani, fatto da neologismi e dalla lingua colloquiale. Adesso vi metto un esercizio dove dovresti abbinare la parola italiana col suo significato in spagnolo. Provateci. Sicuro che lo abbineresti bene:

1.       Attacare pezza                                                  a) imbécil
2.       Baccagliare                                                         b) colega, brother
3.       Prendere per il culo                                          c) un beso (acrónimo lenguaje sms)
4.       Fricchettone/a                                                   d) ser un crack
5.       Homy                                                                   e) pegar la paliza
6.       Joint                                                                     f) camello
7.       Mandrake                                                           g) tirar los tejos
8.       Mezzasega                                                         h) hortera, quillo
9.       Pusher                                                                 i) tomar el pelo
10.    Shampista                                                           j) porro
11.    Tamarro/a                                                           k) hippy
12.    Ub                                                                         l) pringao

Adesso, invece,  faremo il contrario: daremo la parola in spagnolo e dovresti abinarla con la parola o il signifcato in italiano. Come prima, provateci! Sicurissimo che lo abbineresti bene...

1.       Abrirse                                                                 a) pulotto
2.       Trola                                                                     b) bocconcino
3.       Bollicao                                                                c) squatter, punkabbestia
4.       Chirona                                                                d) benza
5.       Chupito                                                               e) fichetto, chiattillo (nap.), pariolo (rom.)
6.       Encoñarte                                                           f) balla
7.       Gasofa                                                                 g) cicchetto
8.       Jipiar                                                                     h) fare vento
9.       Madero                                                               i) al fresco
10.    Okupa                                                                  j) vederci
11.    Pijo/a                                                                    k) smammare
12.    Hacer un simpa                                                  l) starci sotto

Che ne pensi del gergo giovanile? È anche importante conoscere il gergo della giovinezza attuale per provare di capire le sue abitudini o le sue preoccupazioni? È anche importante il gergo nella tua lingua, catalano, spagnolo o qualsiasi altra che ne parli?

No hay comentarios:

Publicar un comentario